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Una startup per i capi second hand certificati: intervista a Enrico Pietrelli di Dresso

13 Maggio 2022
- Di
Redazione
Tempo di lettura: 6 minuti

DRESSO FASHION SOCIAL - Il progetto Dresso nasce nell’estate 2020 come un social network, il primo made in Tuscany nel mondo del fashion e garantisce sicurezza e originalità, grazie al sistema blockchain e nel pieno rispetto dell’economia circolare. I co-founder del progetto, Albano Scavo e Enrico Pietrelli, si affermano nel gennaio 2021 grazie al coworking con Nana Bianca e la collaborazione con l’Università di Firenze, il patrocinio di Confindustria fiorentina, ed è stato realizzato da Intesa Sanpaolo Innovation Center e Fondazione Cr Firenze.

Il programma Italian Lifestyle

Sei startup per alcuni settori strategici ed in continuo sviluppo, come turismo, fashion, food&wine. Il programma Italian Lifestyle, nato per promuovere le eccellenze del territorio fiorentino e rafforzare il sistema dell’innovazione, viene supportato da alcuni mentor, dal Market al Product, ed un grant base di € 20K. Oltre Dresso sono nate altre startup, come Italia Rimborso, Dotzero, Blaster Foundry, Rifò e Calton

Intervista ad Enrico Pietrelli

Abbiamo piacevolmente conversato col co-founder e CEO di Dresso, Enrico Pietrelli, il quale ha risposto a qualche nostra domanda:

Il green e il digital nel settore fashion: come si affrontano?

L’industria della moda è una delle più grandi e influenti. È la sesta per creazione di posti di lavoro ma anche la quinta per creazione di schiavitù moderna e la seconda più inquinante al mondo: in questo senso la sostenibilità è un’esigenza e l’innovazione digitale una grande opportunità. I paradigmi di consumo e i modelli di business stanno cambiando, l’innovazione sostenibile del settore non è un trend stagionale ma un processo dettato da una nuova consapevolezza che sostiene alcuni temi principali: tracciabilità, trasparenza, circolarità, ri-uso e ottimizzazione. Le aspettative delle nuove generazioni verso la sostenibilità sono alte e la molteplicità dei canali digitali permette alle aziende di creare con loro un nuovo dialogo accessibile e di facile comprensione. La sfida del cambiamento in questi termini può davvero portare alla realizzazione del futuro.

Giorgio Armani dichiarò che “la sostenibilità è un’utopia con cui dobbiamo convivere. Per la quale dobbiamo lottare.”: come vede il settore fashion-sostenibilità tra 5 anni?

Fino a qualche anno fa la sostenibilità era un plus per le aziende. In questo momento storico e per gli anni che seguiranno, grazie a una nuova generazione sensibile e consapevole, la sostenibilità è una conditio sine qua non. La vera innovazione consiste nel creare un dialogo che abbia un impatto sociale e ambientale oltre che economico. Le tecnologie riducono la complessità di molti passaggi, come la tracciabilità dei prodotti, la trasparenza della supply chain e degli acquisti. Un altro fattore chiave è il passaggio da un’economia lineare - per cui il ricavo delle aziende deriva esclusivamente dalla vendita di capi appena prodotti - a una circolare, che prevede riciclo, ri-uso e scambio. La frase “make sustainability sexy” fa sorridere ma è proprio la strada che il sistema moda sta percorrendo: se prima la sostenibilità era un argomento di nicchia, oggi e per i prossimi anni è una necessità che, sotto l’ala di un’industria come quella della moda, è diventata attraente.

Molti grandi stilisti hanno scelto la sostenibilità fashion: da Stella McCartney a Giorgio Armani: a chi toccherà, secondo lei, in futuro? 

I grandi gruppi del fashion luxury hanno una struttura radicata negli anni e quindi più complessa da ri-organizzare rispetto alle aziende più giovani, ma c’è da parte di tutti una grande spinta e consapevolezza verso la sostenibilità. Gli obiettivi sono chiari e tangibili e l’approccio collaborativo dimostra come tutti abbiamo a pari merito enormi responsabilità. Quindi, se dovessi fare una previsione da qui a cinque anni direi che l’impulso al cambiamento non avverrà dall’alto ma dal basso, non dalle corporate ma dai consumatori. Non sarà una tendenza ma una necessità.

Enrico Pietrelli, come si svilupperanno tecnologia e digitalizzazione in futuro?

Gli sviluppi tecnologici e la digitalizzazione si riflettono trasversalmente su aspetti sociali, culturali e anche creativi, semplificando e migliorando. Fare innovazione digitale non vuol dire soltanto utilizzare nuove tecnologie, ma anche sfruttarle al meglio per ottimizzare modelli di business e renderle accessibili. La sfida è trovare soluzioni che siano al tempo stesso ECOlogicamente ed ECOnomicamente sostenibili. Chi troverà le formule migliori avrà enormi possibilità nel mercato.

Blockchain, cybersecurity e IA sono entrati a far parte del fashion Made in Italy: possono, secondo lei, apportare tutti dei vantaggi all’interno della filiera?

La possibilità di creare nuovi spazi digitali in cui persone e brand possono interagire permette di diminuire le distanze e di creare dialoghi inclusivi. La digitalizzazione è un’opportunità che consente alle aziende di veicolare valori nuovi e vicini alle persone. La blockchain permette di tracciare ogni transazione, i tag NFC creano un’identità digitale ai prodotti che ne garantisce autenticità e trasparenza. La tracciabilità permette di rendere profittevole l’economia circolare per l’industria del fashion e la trasparenza di portare le esigenze delle persone al centro del business.

Il rapporto con i consumatori non finisce con la vendita, la tecnologia permette di estendere le interazioni tra clienti e aziende anche durante il periodo di utilizzo del prodotto stesso, aumentando i touchpoint tra domanda e offerta e attivando strategie di retention, upselling e cross selling.

Enrico Pietrelli, cosa spinge Dresso verso un tipo di fashion social e sostenibile?

Da qualche anno sentivamo l’esigenza di cambiare lo status quo. La moda per come la conosciamo non è più sostenibile, solo per darvi un’idea dell’inquinamento legato a questo settore, negli ultimi 8 anni la produzione di capi d’abbigliamento è aumentata del 100%. Il dato è impressionante se lo vediamo in progressione numerica. Se il sistema non cambia i propri parametri nel 2050 il nostro pianeta dovrà sostenere una produzione di fibre tessili 320 volte superiore a quella del 2013. Senza fare allarmismi, l’impatto della moda nel nostro ecosistema è già al collasso. 

Le soluzioni possibili che avevamo individuato erano due: produrre con materiale riciclato o produrre meno e allungare il ciclo di vita dei capi. La seconda secondo noi è l’unica possibile ma avevamo un grande problema da risolvere, e cioè il fatto che l’economia circolare non è profittevole per il mondo della moda. Le uniche revenue avvengono al momento della vendita di prodotti nuovi e se il ciclo di vita del prodotto si allunga diminuisce il volume di affari legato alle vendite. La nostra soluzione avrebbe dovuto essere anche economicamente sostenibile per la filiera garantendo revenue ai brand per tutto il ciclo di vita del prodotto.  

Riguardo questa splendida startup, Dresso, cosa ci può dire?

Nel corso degli anni ho approfondito la conoscenza della tracciabilità dei prodotti, della blockchain e delle tecnologie legate agli NFC e Dresso è la risposta al problema di come rendere l’economia circolare profittevole per il fashion system.

Dresso è il social in cui le persone possono condividere i propri outfit, taggare i prodotti che indossano e creare il proprio guardaroba. Tutti possono ispirare e farsi ispirare dalla community per riutilizzare i capi del proprio guardaroba in modo nuovo, vedere cosa indossano gli altri, vendere ciò che non usano per dargli nuova vita e anche fare offerte per comprare al prezzo che sono disposti a pagare. 

Il modello di tracciabilità che abbiamo brevettato ci permette di associare i prodotti a certificati digitali univoci, cioè tag NFC, in modo da tracciarne i passaggi di proprietà per tutto il ciclo di vita e scriverli in blockchain. In questo modo riusciamo a garantire agli acquirenti l’originalità dei prodotti anche pre-owned e ai brand una commissione in ogni momento in cui il prodotto viene ri-venduto durante il suo ciclo di vita. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare le persone riguardo l'impatto che i loro guardaroba e scelte di consumo hanno sul nostro pianeta, promuovendo il riutilizzo dei capi e gli acquisti second hand. Vorremmo, inoltre, che anche le aziende siano incentivate ad allungare il ciclo di vita del prodotto diminuendo così il cost per wear dei capi.

Dopo che il pubblico vi ha conosciuto, come ha reagito?

Ci siamo rivolti a un pubblico di possibili utenti ancor prima dell’inizio della fase di sviluppo, facendogli testare un prototipo interattivo e raccogliendo feedback. In questo modo abbiamo potuto capire cosa le persone si aspettavano, cosa avrebbero voluto trovare e cosa invece non era in linea con le loro aspettative. Una volta iniziata la fase di sviluppo, abbiamo tenuto in conto i feedback ricevuti che ci hanno permesso di superare in anticipo possibili ostacoli. 

Dresso continua ad espandersi ed è conosciuta pure all’estero: quali sono i suoi progetti futuri?

Una volta condivisa la nostra visione della moda con la community italiana, abbiamo intenzione di espanderci all’estero. I primi mercati che vorremmo esplorare sono quello francese e quello tedesco. Entro il 2024 abbiamo intenzione di aprire i mercati dell’Europa del nord e entro il 2025 i mercati anglofoni. 

Abbiamo intenzione di allargare il nostro database di prodotti attivando collaborazioni con tutti i più importanti fashion brand del panorama europeo. Entro la fine del 2026 avremo ottenuto circa un milione di download dell’app con una community attiva di oltre 200.000 utenti


Per maggiori informazioni basta leggere l’articolo completo sulla startup Dresso e tutto quello che c'è da sapere, Dresso, il social network per acquisti second hand garantiti.

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